Altre mostre di Mauro Luccarini

defilati al tiro
San Giovanni in Marignano (Rimini), Oltremateria,
testo di Ida Parlavecchio,
2011

Mostra personale.

Le opere di Mauro Luccarini prendono di mira l’arte del passato, letteralmente. Ma non lasciatevi ingannare dal tirassegno impresso sulla loro superficie: il bersaglio a curve concentriche tracciato su questi modelli ritagliati dalla Storia della pittura è l’epicentro di un campo magnetico che serve a limitare le vie di fuga ai nostri sensi, arginando anche il senso della distanza. La sagoma di tiro entro cui sono inquadrati i soggetti è quella di un uomo in scala reale, ricorda Le Modulor di Le Corbusier, il sistema di proporzioni basato sulle misure umane inventato dal maestro del Movimento Moderno agli inizi del XX secolo; il supporto materiale è uno scatolato metallico che si regge su un piedistallo formato da due assi paralleli. È così che prendono contorno – staccandosi dalle pareti del museo – le sculture/modulo di Mauro Luccarini, simulacri che di volta in volta recano sul fronte l’immagine ri-configurata di un celebre dipinto.

L’artista punta l’arma in direzione del genio consacrato al Tempo, consapevole che non è più tempo di capolavori. Il potere che ha un’immagine di imprimersi negli occhi, e poi nell’esistenza collettiva, oggi è stato attutito, sopraffatto da miriadi di segnali visivi, confuso in un incessante “rumore di fondo”. Il suo è un atto d’amore estremo, un kill-game che è un invito a mettere a segno il colpo, in una sfida iconoclasta che mira al cuore del Bersaglio, per una soluzione catartica. Allo stesso tempo Luccarini sa che gli obiettivi scelti sono invulnerabili perché “defilati al tiro”, come si dice in gergo, e cioè sono fuori da qualsiasi traiettoria, anche curva; riparati da un argine, all’interno di una casa – casamatta – dove non penetra nemmeno il tempo, e con esso il consumo.

È nello spazio (di mira) che si frappone fra sé e la Storia, nella relazione sensoriale ed emotiva col mondo che prendono forma le immagini. È lì che si può regolare il punto di fuoco, e riposizionare lo sguardo, facendosi un varco tra strati di assuefazione e di accumulo visivo, fino a raggiungere un organo vitale. Perché senza sguardo non c’è desiderio e senza desiderio non ci sono né dubbio né stupore, dunque non resta nulla su cui interrogarsi.

Ida Parlavecchio

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Bologna, Officine Patelli,
2011